Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio è fondamentale in sala operatoria, in quanto permette di controllare l’integrità e la funzionalità delle azioni neurologiche del paziente sottoposto ad intervento, tramite un macchinario a monitoraggio continuo.
L’utilizzo di queste tecniche risulta necessario e importante durante gli interventi chirurgici, in modo particolare di quelli neurologici complessi, perché permette di minimizzare i danni che l’intervento potrebbe provocare.
Vediamo insieme di cosa si tratta e perché è un passaggio fondamentale per la buona riuscita dell’intervento.
Monitoraggio intraoperatorio: di cosa si tratta?
Il monitoraggio intraoperatorio consiste nell’utilizzo di varie tecniche neurofisiologiche, al fine di verificare e preservare la funzionalità di importante strutture del cervello, del midollo spinale e dei nervi, così da minimizzare i danni che si potrebbero verificare nel corso di un intervento.
Le strutture coinvolte nel monitoraggio sono:
- Corteccia cerebrale: che svolge un ruolo cruciale nelle funzioni mentali come pensiero, memoria, attenzione e linguaggio
- Nuclei della base: parti del cervello coinvolte nel controllo dei movimenti, dell’apprendimento, nei processi di comprensione attraverso il pensiero, i sensi e l’esperienza
- Tronco cerebrale: che contiene centri per il controllo del respiro, della temperatura e della circolazione del sangue
- Nervi cranici: che svolgono un ruolo essenziale nel controllo di olfatto, vista, udito, gusto, equilibrio, intonazione, articolazione delle parole e deglutizione
- Midollo spinale: che mette in comunicazione il cervello con il resto dell’organismo
- Plessi nervosi: che assicurano il collegamento del sistema nervoso con le altre parti del corpo
Quindi, danneggiare anche solo una di queste strutture, significa causare menomazioni gravi o molto gravi e irreversibili.
In modo particolare, il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio si avvale di due tecniche:
- Tecniche di monitoraggio in senso stretto, che consistono nel controllo continuo dell’integrità delle strutture neurologiche
- Tecniche di mappaggio, invece, vengono utilizzate con lo scopo di identificare e preservare strutture nervose che non si possono riconoscere con la semplice osservazione
Come si esegue il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio?
In poche parole, consiste nell’applicazione, anche simultanea, in corso di intervento, di varie tecniche neurofisiologiche tra cui:
- Potenziali evocati visivi, uditivi, somatosensoriali e motori: finalizzati allo studio dei disturbi di trasmissione degli impulsi elettrici nel Sistema Nervoso Centrale e valutano quanto una possibile lesione possa interferire con la funzione dei diversi sistemi sensoriali e motori
- Elettromiografia: che permette di verificare eventuali danni a muscoli e nervi, nonché la loro gravità e il tipo
- Elettroencefalogramma: con cui si riesce a rilevare l’attività elettrica del cervello
Ma possono esserci dei rischi o complicanze nell’utilizzo di queste tecniche?
Ad oggi, grazie ai vari progressi ottenuti nel campo della sicurezza biomedica e chirurgica, le complicanze legate al monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio sono molto limitate.
Vediamo precisamente quali potrebbero essere:
- Possibili infezioni cutanee legate all’applicazione di elettrodi ad ago
- Il morso indotto dall’attivazione dei muscoli masticatori in corso di potenziali evocati motori
- Ustioni cutanee locali legate alle stimolazioni elettriche
Sicuramente la competenza dell’intera equipe chirurgica e una corretta integrazione tra i vari professionisti, contribuiscono alla buona riuscita dell’intervento e a rendere pari allo zero le eventuali complicanze.